Il dibattito europeo, si fonda sulle tematiche essenziali del rafforzamento della governance economica dell’UE, del futuro delle prospettive finanziarie e dei bilanci pubblici di molti Stati membri e, più in generale, della situazione economica e finanziaria europea, preoccupazioni, queste che rischiano di pesare, in modo determinante, sul bilancio comunitario attuale e soprattutto sulle prospettive finanziarie 2014. E’ necessario scongiurare il pericolo che questa situazione si traduca in un blocco del bilancio dell’UE, o peggio ancora in una riduzione, insomma in un bilancio di austerità, che, nascondendosi dietro l’esigenza di “better spending”, in realtà cerchi di determinare cambiamenti riduttivi nel modo di utilizzare le risorse del bilancio comunitario.
In questo quadro anche la Politica di Coesione deve tornare in primo piano, anche come dotazione finanziaria, perché può essere una potente leva per la competitività dei territori, per il superamento di storici “ritardi” e per una qualificazione del capitale umano. Un rilancio dell’Unione Europea non può dunque prescindere da un ambizioso finanziamento per la politica di coesione 2014-2020. Cifre inferiori, rispetto a quelle stabilite dalla Commissione, come qualche paese vorrebbe per ridurre la spesa pubblica, chiuderebbero la porta a importanti opportunità, essenziali per le economie dei paesi membri.
I risultati della politica di coesione si sono identificati spesso con il racconto degli errori e dei ritardi rispetto ai traguardi raggiunti che, invece, ci sono e sono consistenti. Basti pensare che l’Italia, grazie ai fondi regionali, ha beneficiato di circa 27,4 miliardi di euro nel periodo 2000-2006 e di 29 miliardi nel periodo 2007-2013. Secondo i dati della Commissione europea, grazie ai fondi regionali, sono stati investiti:
• 9,6 miliardi di euro per la R&S e l’innovazione;
• 4,1 miliardi di euro per le infrastrutture di trasporto, incluse le TEN-T;
• 2,7 miliardi di euro per l’imprenditorialità e le PMI;
• più di 1,6 miliardi di euro per le TIC.
Inoltre 20 000 imprese nelle regioni dell’Italia meridionale e 15 000 PMI in tutto il resto del paese hanno ricevuto un sostegno; sono stati modernizzati 350 km di strade ferrate, costruiti 690 km di strade; sono stati creati 63 nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti, insomma non possiamo permetterci, proprio in questo momento, di rinunciare a questa opportunità. Concretamente, il pacchetto legislativo all’esame del Parlamento Europeo, si compone di diversi regolamenti che stabiliscono: il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo di coesione (FC), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il futuro Fondo europeo per gli affari marittimi e pesca (FEAMP) e perseguono obiettivi strategici complementari, attraverso la concentrazione tematica, prevedendo una gestione concorrente tra gli Stati membri e la Commissione. Molto importante è aumentare al massimo l ‘efficienza di tutti gli strumenti strutturali in termini di realizzazione degli obiettivi generali e di ottimizzazione delle sinergie. Importantissimo sarà il ruolo delle Regioni, attraverso gli accordi di partenariato, e quello delle città, sempre più protagoniste, in prima persona, dello sviluppo locale.
Per questo motivo sono stati individuati degli obiettivi tematici prioritari:
• rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione;
• migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché l’impiego e la qualità delle medesime;
• promuovere la competitività delle PMI, il settore agricolo e il settore della pesca e dell’acquacoltura;
• sostenere la transizione verso un ́economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori;
• promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi;
‘• tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse;
• promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete;
• promuovere l ́occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori;
• promuovere l ́inclusione sociale e combattere la povertà;
• investire nelle competenze, nell’istruzione e nell’apprendimento permanente;
• rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un ́amministrazione pubblica efficiente.
L’approccio qualitativo proposto risponde all’esigenza di conciliare una maggiore efficacia della spesa pubblica con una limitazione (e se possibile il definitivo superamento) dei ripetuti errori finanziari e delle inadempienze che hanno accumulato residui di fondi e lasciato molte opere a metà. La necessità di fornire agli Stati membri, agli enti regionali e locali un aiuto diretto e determinante per la ripresa, è perfettamente coerente con gli obiettivi della Strategia UE2020, che dovrebbero riportare l’Unione Europea a crescere. In questo contesto, l’Italia deve fare la sua parte per conciliare rigore e sviluppo o, meglio, finalizzare il rigore alla crescita
L’Italia, in quanto paese contributore netto, cioè paese che dà all’Unione più di quanto ritorni, è estremamente interessata a tale politica, proprio perché deve colmare il saldo negativo, che spesso è il risultato di una nostra (pubblica e privata) incapacità di accedere positivamente ai fondi comunitari. Dunque la nostra duplice veste italiana di generosi contribuenti del bilancio europeo, da un lato, e di importanti beneficiari della politica di coesione, dall’altro, ci impone di acquisire una più forte e diffusa capacità di protagonismo e di efficacia relativamente ai fondi strutturali che sono una delle più importanti leve di sviluppo territoriale che avremo a disposizione nei prossimi anni. Il volano di crescita di tali fondi, per altro, è ulteriormente potenziato perché altri fondi potranno essere utilizzati in modo collegato, in particolare quelli di Horizon 2020 (ricerca e innovazione) e quelli del COSME, cioè il sostegno alle PMI, senza dimenticare Europa Creativa ed Erasmus +. Concludendo, occorre raggiungere la massima efficacia e, allo stesso tempo, garantire che tutte le istanze locali, pubbliche, sociali ed economiche, dalle regioni ai comuni, passando per le province e le grandi città metropolitane, siano parte attiva nella definizione dei programmi per assicurare la giusta combinazione e integrazione tra obiettivi, politiche e progetti. Nell’interesse del nostro paese l’indicazione di priorità e target precisi dovrà tener conto del principio di sussidiarietà, affidando la responsabilità di tracciare gli interventi direttamente alle istanze più vicine ai territori. Solo così, sul territorio, nelle regioni e nelle città, dal basso, ma nel quadro di una più vasta programmazione, si realizzerà quel salto di qualità che potrà far crescere socialmente ed economicamente la comunità. La concentrazione sui temi dell’agenda di Europa 2020 rappresenta per l’Europa un’opportunità unica e irripetibile per sviluppare la crescita, sperando di migliorare tanto la competitività del continente quanto la sua equità sociale, che devono andare di pari passo.