L’Università è in pieno fermento
Le organizzazioni sindacali del comparto universitario, hanno indetto una settimana di mobilitazioni per opporsi alla politica “distruttiva” del sistema universitario nazionale. Dal 18 al 23 novembre in tutti gli atenei italiani si discuterà “per sollecitare una riflessione collettiva e per costruire insieme una tempestiva ed efficace opposizione al progetto di distruzione dell’università statale”. Tra i firmatari del documento che denuncia l’accanimento politico degli ultimi anni contro il sistema delle università statali ci sono proprio tutti: dal Cnu (il Comitato nazionale universitario) ai sindacati Flc Cgil, Cisl, Uil, Cobas, Snals, Ugl e Cisal.
La riforma Gelmini
Secondo le organizzazioni studentesche come Link e Udu. E anche le organizzazioni dei docenti di scuola e universitari Adi, Adu, Andu, Cipur, CoNPass e quelle dei ricercatori: Cnru, Rete29aprile, affermano che dalla riforma Gelmini in poi, il sistema universitario statale è stato continuamente e progressivamente sottoposto a pesantissimi attacchi di diversa natura. Che lo stanno portando ad una vera e propria implosione. Dai tagli alle risorse all’accentramento esasperato dei poteri a livello nazionale e negli atenei, al precariato reso ancor più feroce e senza sbocchi dalla legge Gelmini.
Punti organico
Il meccanismo premiale inaugurato dalla Gelmini con una quota del Fondo di finanziamento ordinario e adesso con il meccanismo dei ‘punti-organico’ per le assunzioni sta mettendo ‘tutti contro tutti’ mentre gli organizzatori della settimana nazionale di dibattito-mobilitazione lanciano l’idea di unirsi “tutti per salvare e rilanciare l’università.
Poche risorse a disposizione
Molte università si vedono assegnare una quantità di risorse risibile persino al cospetto del 20 per cento del programmato turnover. Ma l’attenzione viene però deviata, piuttosto che sulle scarsissime risorse messe in campo dal governo. Verso quei (pochi) atenei che ottengono una maggiorazione rispetto alle cessazioni. E non a caso risultano in larga parte coincidere con quelli che hanno le tasse d’iscrizione più elevate. Il meccanismo messo in piedi dalla Gelmini prevede un turnover pari al 20 per cento. Una assunzione ogni cinque pensionamenti. Ma il 20 per cento dei 445,5 punti-organico disponibili per le assunzioni (un punto-organico corrisponde a 118.489 euro, pari al trattamento economico annuale per assumere un docente universitario di prima fascia) viene distribuito in base al merito.
Come gestire il turnover
Così pochi atenei riescono ad accaparrarsi un numero di punti-organico addirittura superiore a quel 20 per cento previsti dalla normativa. E’ il caso dell’ateneo di Brescia – che tocca quota 30 per cento – o del Politecnico di Milano. Che arriva addirittura al 73 per cento di turnover. Nell’ateneo retto fino a pochi mesi fa dall’attuale ministro Carrozza, la Scuola superiore S. Anna di Pisa, si potranno assumere più docenti di quelli che sono andati in pensione. Ma in parecchi atenei del Sud ci si dovrà accontentare di assunzioni col contagocce. A Bari le assunzioni possibili saranno pari al 6,8 per cento dei corrispondenti pensionamenti. Stessa percentuale di turnover a Messina e Sassari che figurano tra gli atenei meno virtuosi della Penisola.