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Rapporto Istat: una microimpresa su quattro assume, una su tre investe in formazione

Il Rapporto Istat traccia una analisi relativa al mondo delle microimprese.Tali realtà imprenditoriali, caratterizzate da unità di personale comprese tra i 3 ed i 9 addetti, adottano strategie quasi esclusivamente conservative; in alcuni rari casi cercano di ampliare la gamma di prodotti e servizi o di accedere a nuovi mercati.

Le assunzioni (in gran parte dei casi di personale non altamente qualificato) riguardano nel 2011 una microimpresa su quattro. Quasi un terzo delle microimprese ha investito in formazione, con corsi sia interni sia esterni. Circa un terzo delle unità prese in esame ha introdotto un’innovazione nel triennio 2009-2011, soprattutto di tipo organizzativo. Poco meno della metà delle microimprese reputa l’utilizzo di Internet non necessario o inutile per l’attività svolta. Circa un terzo utilizza un sito web, mentre un quarto ricorre al commercio elettronico. È questo il quadro che emerge dal terzo report di approfondimento sulla rilevazione diretta sulle imprese svolta dall’Istat nell’ambito delle attività connesse al nono Censimento generale dell’Industria e dei Servizi. Le microimprese in Italia sono circa 837 mila (il 19% delle imprese dell’industria dei servizi), e occupano oltre il 23% degli addetti (3,8 milioni). Risultano particolarmente presenti nel settore dei servizi (circa il 70%), ma anche nelle attività immobiliari e professionali, inoltre si rivolgono soprattutto a un mercato più regionale (63,3%) e sono a gestione prevalentemente familiare (84,3%).

 

Le strategie adottate sono principalmente di tipo difensivo (70%), volte al mantenimento della quota di mercato. Tuttavia, a questo orientamento, comune a tutti i macro settori, si affiancano strategie più complesse: ampliare la gamma di prodotti e servizi offerti (38,4%), con punte nei settori commerciali (44,7%) e dell’industria in senso stretto (42,4%); accedere a nuovi mercati (17,9%), che interessa un terzo delle imprese industriali; attivare/incrementare collaborazioni con altre imprese (10,4%), una strategia utilizzata relativamente di più dal settore delle costruzioni (14,2%) e dell’industria (13,4%). Il settore dei servizi di informazione e comunicazione si distingue per una quota relativamente bassa di imprese impegnate in strategie difensive (62,7%) e incidenze superiori a quelle medie per gli altri orientamenti. Nell’attuare strategie generali, le microimprese fanno leva principalmente sul miglioramento della qualità del prodotto o del servizio offerto (75,6%), con picchi molto elevati nelle industrie alimentari e delle bevande (intorno al 90%). Seguono a distanza la competizione sul prezzo (35,1%), sulla diversificazione dell’offerta (21%) e sulla flessibilità produttiva al variare della domanda (19,3%).

Nel 2011, il 22,7% delle microimprese ha acquisito nuove risorse umane. In particolare, il 18% ha assunto nuovo personale dipendente e il 7,7% ha fatto ricorso a nuovi lavoratori autonomi, più frequenti nei servizi, con punte massime nei servizi postali (41,6%), nelle telecomunicazioni (41,3%), nella ricerca e sviluppo (40,7%) e nel campo delle attività culturali, della consulenza e della pubblicità (37,4%). Tuttavia, il primato di assorbimento di nuove risorse umane spetta all’industria, in particolare al settore della farmaceutica (56,5%). La regione con la quota più elevata di assunzioni da parte di microimprese è il Trentino Alto Adige (30,9%), in coda Basilicata (18,5%) e Sicilia (19,5%). Si rileva un modesto investimento in figure professionali di elevato livello: solo il 5,9% delle microimprese ha acquisito nuove risorse ad alta qualifica professionale. Sono i settori tradizionali del manifatturiero, i servizi di ristorazione e le attività immobiliari ad assorbire meno lavoratori high skilled, mentre i settori tradizionalmente più innovativi sono caratterizzati da un’importante presenza di microimprese che hanno investito in capitale umano qualificato: ricerca e sviluppo (28,6%), seguito dall’informatica (24,4%), dalle attività culturali (23,3%) e dalla farmaceutica (21,7%).

Nel 2011 il 32,6% delle microimprese ha svolto attività di formazione aziendale. La tipologia più diffusa è rappresentata dai corsi di formazione a gestione esterna, adottati dal 17,2% delle imprese. Seguono i corsi di formazione gestiti direttamente dall’impresa (15,2%), mentre il 10,9% delle imprese è impegnato in attività di formazione alternative, quali il training on the job, l’apprendimento mediante rotazione programmata nelle mansioni, la partecipazione a convegni, workshop. Le microimprese dei servizi sono quelle più interessate all’offerta di formazione: almeno un’impresa su due attiva processi formativi. Anche il settore delle costruzioni registra una quota importante di imprese formatrici (41,6%), mentre l’industria e il commercio si attestano su percentuali più basse e inferiori al valore medio nazionale (rispettivamente il 27,1% e il 27,8%). Le microimprese più impegnate in attività di formazione aziendale risiedono al Nord, mentre il Sud è caratterizzato da un significativo ritardo. Il 32,3% delle microimprese ha introdotto almeno un’innovazione nel triennio 2009-2011. I settori più innovativi sono quelli dell’industria (42,5%), del commercio (32,3%), dei servizi (30,9%) e delle costruzioni (25,6%). L’innovazione organizzativa è la forma prevalente (16,7%). Seguono le innovazioni nelle strategie di marketing e di prodotto (15%). Meno frequenti le innovazioni di processo (11,4%).

Nel 2011 il 77% delle imprese tra i 3 e 9 addetti dispone di una connessione ad Internet, ma il 42,2% delle microimprese lo reputa non necessario o inutile per l’attività che svolge. Le microimprese utilizzano internet soprattutto per accedere ai servizi bancari e finanziari (62,8%), ottenere informazioni (42,1%) o svolgere procedure amministrative interamente per via elettronica (26,9%). Un terzo delle microimprese utilizza un sito web o pagine internet, la cui utilità principale è offrire una vetrina virtuale per scopi pubblicitari e di marketing dei prodotti e servizi (24,6%). Poche imprese danno ai visitatori la possibilità di agire sul sito effettuando ordinazioni o prenotazioni (8,2%), pagamenti on line (5,1%) o personalizzazioni dei contenuti (2,1%). L’11,6% delle microimprese è presente sul web utilizzando almeno un social media tra i più diffusi. Sono soprattutto le imprese attività nella ricerca, selezione e fornitura di personale ad utilizzare questi strumenti (47%), seguite da quelle che svolgono attività di programmazione e trasmissione (42,1%) e dalle agenzie di viaggio (41,8%). La propensione all’utilizzo di strumenti “social” è maggiore tra le microimprese attive nei mercati internazionali (16%). Il commercio elettronico viene effettuato dal 25,1% delle imprese ma l’opportunità di vendere on line è sfruttata soltanto dal 5,1% delle microimprese, mentre il 23,4% acquista sul web.