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Il Codice del Terzo settore è entrato in vigore dal 3 agosto 2017

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è in vigore dal 3 agosto scorso il Codice del Terzo settore. Si tratta del decreto legislativo più corposo tra i cinque emanati dopo la legge delega per la riforma del Terzo settore (106/2016) ed avrà bisogno, entro il prossimo anno, di ben 20 decreti ministeriali perché funzioni nella pratica.

 
Tra le novità evidenziamo:
  • raggruppamento in un solo testo tutte le tipologie di quelli che da ora in poi si dovranno chiamare Enti del Terzo settore (Ets); organizzazioni di volontariato (che dovranno aggiungere Odv alla loro denominazione), associazioni di promozione sociale (Aps), imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali), per le quali si rimanda a un decreto legislativo a parte, enti filantropici, reti associative, società di mutuo soccorso,altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società);
  • abrogazione diverse normative, tra cui due leggi storiche come quella sul volontariato (266/91) e quella sulle associazioni di promozione sociale (383/2000), oltre che buona parte della “legge sulle Onlus” (460/97).

 
Gli Enti del Terzo settore saranno obbligati, per definirsi tali, all’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore. Il Registro avrà sede presso il ministero delle Politiche sociali, ma sarà gestito ed aggiornato a livello regionale. Viene infine costituito, presso lo stesso ministero, il Consiglio nazionale del Terzo settore, nuovo organismo di una trentina di componenti (senza alcun compenso) che sarà tra l’altro l’organo consultivo per l’armonizzazione legislativa dell’intera materia.
 
Inoltre state definite in un unico elenco riportato all’articolo 5 le “attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” che “in via esclusiva o principale” sono esercitati dagli Enti del Terzo settore. Si tratta di un elenco, dichiaratamente aggiornabile, che “riordina” appunto le attività consuete del non profit (dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente) e ne aggiunge alcune emerse negli ultimi anni (housing, agricoltura sociale, legalità, commercio equo ecc.).
 
Gli Ets, con l’iscrizione al registro, saranno tenuti al rispetto di vari obblighi riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, i rapporti di lavoro e i relativi stipendi, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili, ma potranno accedere anche a una serie di esenzioni e vantaggi economici previsti dalla riforma: circa 200 milioni nei prossimi tre anni sotto forma, ad esempio, di incentivi fiscali maggiorati (per le associazioni, per i donatori e per gli investitori nelle imprese sociali), di risorse del nuovo Fondo progetti innovativi, di lancio dei “Social bonus” e dei “Titoli di solidarietà”.
 
Infine diventano esplicite alcune indicazioni alle pubbliche amministrazioni: come cedere senza oneri alle associazioni beni mobili o immobili per manifestazioni, o in comodato gratuito come sedi o a canone agevolato per la riqualificazione; o incentivare la cultura del volontariato ma soprattutto coinvolgere gli Ets sia nella programmazione che nella gestione di servizi sociali, nel caso di Odv e Aps, “se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato”.
 
Fonte: csvnet.it