/Jobs Act: o politiche attive o tutti a casa

Jobs Act: o politiche attive o tutti a casa

Il momento è decisivo. Ormai ci siamo, il Jobs Act è al completo: il mondo del lavoro, appena approvata la legge di stabilità, è riformato per davvero.

Abbiamo avuto i bonus sulle assunzioni a tempo indeterminato, le tutele crescenti, la riforma dei contratti, l’alternanza scuola-lavoro, l’abolizione del co.co.pro., la manovra sul lavoro autonomo, quella sulle ispezioni, la nuova cassa integrazione, le semplificazioni burocratiche e la nuova legge sulle politiche attive del lavoro.

Per cosa ricorderemo la stagione del Jobs Act? A mente fredda, avremo un bel ricordo solo grazie alle politiche attive del lavoro. Non c’è girone di ritorno per la legislazione del Governo Renzi, o dentro o fuori.

Dire cos’è una politica attiva del lavoro è un attimo – farne, vedremo, è un altro paio di maniche. Le politiche attive del lavoro sono le tutele per il lavoratore sul mercato, quelle che garantiscono al disoccupato la possibilità di trovare di nuovo un posto di lavoro. Garanzia Giovani, ad esempio, è stata una gigantesca manovra di politica attiva.

La mossa del Jobs Act per le politiche attive è stata il decreto legislativo che ha creato l’ANPALS, l’agenzia centrale che gestirà le politiche in tutta Italia. Il lavoro pratico e operativo, invece, resta ai Centri per l’Impiego e alle Agenzie per il Lavoro accreditate, quelle che, come ogni persona in cerca di lavoro sa, fanno da tramite tra la domanda e l’offerta di lavoro.

Funzioneranno? Se il meccanismo delle politiche attive si inceppa, il Jobs Act rovinerà per sempre il mercato del lavoro in Italia. Ha facilitato il lavoro a termine. Ha facilitato il licenziamento, ha ridotto la possibilità di fare cassa integrazione, ha fatto sì che l’assegno di disoccupazione (la NASPI) si riducesse col tempo, ha tolto la possibilità di assumere con co.co.pro.: ha in altre parole messo in seria difficoltà chi può ritrovarsi senza lavoro da un momento all’altro. Questa è la situazione senza le politiche attive per il lavoro.

Ora, vediamo la situazione con le politiche attive. Le Agenzie per il Lavoro faranno la differenza. Prima di tutto saranno più accessibili, operando con il sistema della premialità: non sarà l’utente a pagare per i servizi, sarà l’Agenzia a ricevere fondi se avrà dato qualche risultato all’utente. Questo, ad esempio, è come funziona in Lombardia, un modello di successo. Ma funzionerà anche al Sud? In Sicilia, l’associazione Itinerari per il Lavoro sta lavorando esattamente per questo. Ha una filosofia molto innovativa e si basa su una conoscenza perfetta del territorio, una capacità comunicativa all’avanguardia e un forte desiderio di rottura col passato. Avventura di un gruppo di giovani? No, la startup è fondata e gestita da un gruppo di senior esperti del settore. Gente che la sa lunga sui problemi del territorio e sulle soluzioni da mettere in rete.

Rete” è la parola chiave di altri progetti sulle politiche attive di frontiera, quelli delle cooperative. Nati per il mercato del lavoro a 360°, CoopUp e Coop4Job  vogliono aiutare gli startupper a fare cooperazione e mettere in “cloud” le cooperative sociali che si occupano di far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro. Questa è una chiave di successo: non solo la comunicazione tra l’Agenzia e l’esterno – indispensabile per far sapere alle persone quali competenze richiede il mercato e per tenere le aziende sempre aggiornate – ma anche quella tra le agenzie. Coordinarsi spontaneamente, come fanno gli stormi in volo, sarà l’arma vincente delle Agenzie di domani. Scambi istantanei di informazioni, database comuni e interconnessi, un’olacrazia (parola che consigliamo di imparare) della riqualificazione e ricollocazione professionale a costi che, grazie alla tecnologia, sono sempre più bassi.

Pensiamo a Garanzia Giovani, un miliardo e mezzo di euro per sponsorizzare tirocini che, senza paura di smentite, sono stati quantomeno di dubbia validità. Non succederà mai più. Le Agenzie per il Lavoro non aspetteranno di raccogliere i (pochi) scoraggiati che si presenteranno spontaneamente. Faranno prevenzione al fenomeno NEET dialogando con le scuole e le università, conoscendo l’universo dei giovani. Isfol ha curato una ricerca interessantissima sulla percezione del lavoro che hanno i giovani Adapt ha condotto una serie di ricerche per conoscere i giovani da approcciare – e i risultati sono stati sorprendenti.

Alcuni enti, come la Fondazione Badoni di Lecco, stanno mettendo scuole e aziende in rete per gestire passaggi sempre più fluidi tra scuola, lavoro e formazione continua. Per farlo, non serve aspettare che si muova il Ministero decreti e circolari sull’alternanza scuola-lavoro. Basta, in realtà, far parlare a scuole e aziende lo stesso linguaggio. Solo in questo modo l’impresa sa che le qualità del ragazzo non sono solo voti, ma competenze riconosciute, e solo in questo modo la scuola sa che voto dare a quanto appreso sul campo. Comunicazione, osservazione, valutazione e attestazione delle competenze. Poi si può parlare di alternanza scuola-lavoro e di apprendistato come nel tedesco sistema duale. O anche di imparare dal volontariato – vedi Progetto Lever

Per oliare questi meccanismi serve un fluidificatore che faccia tra tramite tra l’orientamento e il percorso di formazione-lavoro degli studenti. Open day e career book (le pubblicazioni dove le aziende si presentano ai giovani e spiegano di chi hanno bisogno) sono una tessera che nel puzzle è sì essenziale, ma che rischia di non tenere il passo con la velocità delle informazioni che girano sul mercato. Bergamo Imprese  in questo senso ha un progetto interessante. Il career book c’è (la carta è ancora dura a morire), ma è la punta di un iceberg: sotto c’è un portale online dove si trovano informazioni in tempo reale da aziende, associazioni e altri partner istituzionali, ma ancora più sotto una rete di persone e – di nuovo! – Agenzie per il Lavoro. Le carte per anticipare ai giovani un ingresso traumatico nel mercato del lavoro, insomma, ci sono tutte. Anzi, ci sono tutte le carte in regola per rendere questo ingresso un passaggio quasi automatico e forse mai del tutto netto: lavorare e imparare sarà sempre più una cosa sola.

Cosa faranno le Agenzie per il Lavoro, invece, con chi perde il lavoro e non è più giovane? Una previsione, per quanto azzardata, potrebbe essere questa: impareranno ad utilizzare la somministrazione di lavoro e l’apprendistato senza limiti di età.

Quest’ultimo (sintetizzato bene da Proposta Lavoro), si può applicare a tutte le persone che hanno un sussidio di mobilità o disoccupazione, e permette al datore di assumere con molti sgravi e incentivi alla formazione. La somministrazione funziona così: una società, con particolari requisiti, assume una persona e la manda a lavorare dove ce ne è bisogno. Nei periodi in cui il bisogno manca, la persona riceve comunque un’indennità e può fare formazione. Per ora questo schema è un disastro burocratico. Ma studiando un po’ la normativa…

In alternativa le Agenzie per il Lavoro diventeranno un po’ incubatori di startup. Il lavoro autonomo sembra essere stato finalmente preso in considerazione e dal Governo si percepisce la volontà di renderlo anche un po’ più appetibile. Passi da gigante su welfare e semplificazioni sui pagamenti. Non sono innovazioni da poco – e sul welfare aziendale e non, aspettiamoci un giro di business in crescita vertiginosa.

Sfide, in altre parole, che faranno la fortuna di chi le vince. E non solo, perché vincerle significa davvero dare la svolta definitiva al Paese.

Occasioni da non perdere che, per chi si vuole rimboccare le maniche, sono la porta per il futuro.

A cura di Simone Caroli