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I NEET e la vita liquida

I NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero tutti quei giovani che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione

Chi sono i NEET

I NEET sono persone che vivono in una condizione di disagio ed esclusione sociale. Sono tutti quei ragazzi che in Italia sono rimasti indietro. Tutti quei ragazzi per i quali l’idea di un futuro felice e gratificante sembra allontanarsi sempre di più.

Lo scenario sociale, culturale e politico è sempre più complesso. Segnato da legami fragili e dalla costante violazione di diritti. L’inquietudine è ovunque grande, a livello sociale come a livello individuale e si manifesta sotto forma di sofferenze e angosce.  Soprattutto tra i più giovani, in un contesto, per dirla con Bauman, di “vita liquida”. Un vita vissuta in condizioni di continua incertezza e con la paura di restare indietro.

I millenials sono la prima generazione che teme di non riuscire a mantenere gli standard dei genitori. Il futuro equivale all’ignoto per loro. A questo proposito conoscere meglio la condizione dei giovani NEET può essere importante per alimentare qualche idea di futuro diverso.

Il fenomeno dei giovani non impegnati in percorsi di istruzione, occupazione e formazione emerso negli anni Novanta è considerato come una nuova forma di esclusione sociale.  Un modo per dire: questa società non ci piace, questa scuola, l’universo del lavoro non sono a misura di tutti.

Quanti sono i NEET in Italia

Dagli ultimi dati ISTAT, nel 2018, in Italia, i NEET nella fascia d’età 15-29 anni sono pari a 2.116.000. Rappresentano il 23,4% del totale dei giovani della stessa età presenti sul territorio. Già nei primi anni di studio del fenomeno, l’Italia presentava livelli più elevati della media europea (18,8% nel 2007 contro 13,2% Ue-28). Il fenomeno è aumentato durante gli anni della crisi fino al 2014 (26,2%) per poi cominciare a diminuire (25,7% nel 2015, 24,3% nel 2016, 24,1% nel 2017).

Secondo l’opinione di molti, anche la leggera diminuzione della disoccupazione in Italia registrata ad agosto 2019 è legata all’aumento degli inattivi: sempre più persone in Italia smettono di cercare lavoro.
Nonostante questa flessione, l’Italia – con il 23,4% – continua a posizionarsi al primo posto nella graduatoria europea, seguita da Grecia (19,5%), Bulgaria (18,1%), Romania (17%) e Croazia (15,6%). Invece i paesi con il tasso di NEET più contenuto sono: Paesi Bassi (5,7%), Svezia (7%), Malta (7,4%). La media europea è del 12,9%.

Secondo i dati Istat 2018, le Regioni italiane nelle quali si registra una maggiore presenza di NEET sono: Sicilia (con un’incidenza del 38,6% sulla popolazione), Calabria (36,2%), Campania (35,9%), Puglia (30,5%) e Sardegna (27,5%).

Istruzione e formazione

Oltre ai dati specifici sui NEET, bisogna aggiungere anche quelli sulla dispersione scolastica e uscita precoce dal sistema scolastico, perché sono quei giovani più a rischio di entrare nelle fila dei NEET.

La dispersione scolastica è un fenomeno complesso che riunisce in sé ripetenze, bocciature, interruzioni di frequenza, ritardo nel corso degli studi, evasione dell’obbligo scolastico, completamento dell’obbligo scolastico e formativo senza il raggiungimento del diploma o di qualifica.
Nel 2017 le uscite precoci dal sistema formativo risultano in aumento: i giovani di 18-24 anni con la licenza media che non risultano inseriti in un percorso di istruzione o formazione sono il 14%.

Il dato che più risalta è l’aumento dello svantaggio del Mezzogiorno sia rispetto al numero di laureati nella fascia d’età 30-34 anni (21,6 nel Sud, Nord e Centro 30%), sia rispetto al numero di diplomati nella fascia d’età 25-64 anni (Sud 52,5%, Nord 67,4% e Centro 64,5%).
Altro dato significativo riguarda l’uscita precoce dal sistema scolastico. A livello regionale, i valori percentuali più alti dei giovani con solo la licenza media sono il 21,2% in Sardegna, il 20,9% in Sicilia, il 19,1% in Campania e il 18,5% in Puglia.

I giovani, il lavoro e le politiche pubbliche

Una delle conseguenze della crisi e più in generale dei processi di riduzione dell’intervento pubblico avviati dagli anni Ottanta è il taglio agli investimenti riguardanti le politiche giovanili e l’educazione, evidenziato con attenzione, tra gli altri, dal Rapporto Diritti Globali nelle sue edizioni annuali.

Nella ricerca “Che fine ha fatto il futuro?” emerge come in Italia, a differenza del resto dell’Europa, solo poco più della metà dei laureati riesce a trovare un impiego a tre anni dalla laurea e come circa 7 milioni di giovani tra i 15 e i 34 anni non lavorano.

Se si considerano i numeri sul lavoro precario il quadro si complica alquanto. Qualche tentativo di inversione della rotta, quanto a politiche pubbliche giovanili, c’è stato. Nel 2013, si è istituito il programma governativo Garanzia Giovani, sulla base del programma europeo Youth Guarantee. L’obiettivo era favorire l’accesso al mondo del lavoro soprattutto per i NEET. Ma dopo quattro anni di attuazione, i risultati dimostrano che solo il 17,5% dei NEET che hanno aderito al programma ha trovato un’occupazione.

L’Italia resta così il peggior paese europeo per numero di NEET. Diversi studiosi hanno avanzato l’ipotesi che, se non si tiene conto del contesto economico e sociale nel quale si opera, le politiche basate sul social investment hanno minor efficacia. In generale gli interventi di natura economica a favore delle politiche giovanili in Italia sono risultati piuttosto esigui.

In Europa i valori dei costi destinati ai giovani oscillano tra 1,50 e il 2,25%. La media dei costi in Italia è pari allo 0,1% delle uscite correnti dei bilanci comunali.

La risposta di UNICEF a livello internazionale sull’inserimento degli adolescenti nel mondo del lavoro, formazione e istruzione si chiama Generation Unlimited: un’ambiziosa partnership tra enti pubblici e privati che ha l’obiettivo di inserire tutti i giovani compresi tra i 10 e 24 anni in percorsi scolastici, lavorativi o di formazione, entro il 2030.
Con il progetto NEET Equity, il Comitato Italiano per l’UNICEF si impegna a contribuire a questo ambizioso obiettivo, nell’anno in cui ricorre il trentesimo anniversario dell’approvazione della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza delle Nazioni Unite.

Fonte: Il silenzio dei NEET – “giovani in bilico tra rinuncia e desiderio” (ricerca redatta da Annarita Sacco e rivista dallo staff del Comitato Italiano dell’UNICEF)