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Un didattica scolastica attiva e partecipativa

Una didattica scolastica attiva e partecipativa

Didattica scolastica

Oggi la didattica scolastica, vista la situazione pandemica vissuta, ha necessità di ripensare i saperi in funzione di finalità istruttive ed educative. Obiettivi che uniscano conoscenze e competenze capaci di tenere uniti i fronti della cultura contemporanea.

Tali compiti vanno assolti in Scuole che sono, sempre più, “sistemi sociali”. Luoghi vivi di relazioni ed esperienze che si trasformano in apprendimenti grazie a una didattica attiva. Una metodologia didattica che coinvolge insegnanti e allievi nell’avventura della conoscenza. Una didattica attiva e partecipata che è formazione ai saperi fondamentali ed alle skills che di essi si nutrono.

E’ conoscenza di metodi personalizzati per far apprendere gli oggetti culturali (termine per indicare le materie o i contenuti da insegnare) in modo critico, significativo, autonomo.

Entrambi questi aspetti, formazione ai saperi e alle competenze e conoscenza dei metodi, trovano sintesi nella mediazione didattica che è propria della funzione di insegnamento. Il problema della formazione scolastica è sempre un problema di contenuto e di metodo: di ciò che si insegna e di come lo si insegna. E di ideali: perché si sceglie di insegnare questo?

Il curricolo verticale

Per quanto riguarda “il contenuto” occorre rilanciare con più incisività il modello del curricolo verticale, rivelatosi efficace soprattutto per affrontare il nesso curricolo e competenze, oggi quanto mai dibattuto nelle scuole.
Una didattica delle competenze chiede un mutamento radicale nell’agire didattico degli insegnanti al fine di promuovere negli studenti formae mentis flessibili, critiche, capaci di far interagire problematicamente i saperi, di operare in situazione e in contesti di lavoro.

In questa direzione, e per quanto riguarda “il metodo“, sempre più occorrerà dar spazio alle metodologie della laboratorialità, del cooperativismo, della transmedialità. Questo non significa negare il valore della “lezione classica” e dei suoi contenuti rispetto alla comunicazione didattica, bensì operare una sapiente contestualizzazione dei saperi in ambienti di apprendimento fortemente rinnovati nelle possibilità espressive da offrire alle ragazze e ai ragazzi.

Pensiero multitasking

Tale contestualizzazione è necessaria poiché in sintonia col mutamento della disponibilità ad apprendere dei giovani contemporanei, abitanti mondi tecnologicamente avanzati e dotati di un pensiero multitasking, olistico più che analitico, caratterizzato da una fortissima tensione alla socialità e alla condivisione.

Per questa generazione è necessario attrezzare aule scolastiche con dispositivi formativi capaci di stimolare la formulazione di ipotesi, l’apprendimento per scoperta, l’autoapprendimento, la simulazione, la costruzione di progetti e prodotti in équipe. Aule che siano ambienti tecnologicamente innovativi, rispondenti alla logica transmediale di cui questi “nuovi allievi” sono portatori e che li rende persone capaci di vivere in permanente connessione con quel mondo del quale la scuola rappresenta il contesto culturale e valoriale più importante.

Qualità del curricolo

L’insegnamento c’è – e ci sarà sempre la scuola – se ci sono (e ci saranno) i saperi da insegnare. E, dunque, i saperi restano gli elementi imprescindibili dell’insegnamento. La scuola è il luogo dove si apprendono i saperi e l’insegnante ne è l’emblematico rappresentante, colui che quei saperi li incarna nella voce, nella sua azione propositiva, nella metodologia di trasposizione attivata poiché in una disciplina non c’è nulla di più essenziale della sua metodologia. Questa trasformazione dei saperi scientifici in saperi da insegnare non è scontata, né facile. Essa passa attraverso uno sforzo di organizzazione e di selezione di contenuti operato dall’insegnante che sa “manipolare” la disciplina, operando il passaggio dalla forma scientifica del sapere ai diversi “formati” didattici della sua rappresentazione.

trasformare in apprendimenti la ricchezza dei saperi

Come scandirli nel percorso scolastico in competenze da certificare? Attraverso il dispositivo del curricolo che è qualcosa di diverso dal “programma”. Il curricolo costituisce il percorso formativo intenzionale della scuola: è il dispositivo nato per pensare e progettare la formazione scolastica stabilendo spazi, tempi e “ruoli” delle discipline. Sottolineare questo significa collocarsi nel solco dei valori dell’alfabetizzazione culturale come esperienza umana e umanizzante, l’esperienza – che solo la scuola garantisce – di sfida all’ignoranza e di ingresso nel mondo della ragione. Un’ alfabetizzazione culturale che “passi” attraverso il curricolo verticale costruito lungo i due assi storico-umanistico e tecnologico-scientifico è un requisito irrinunciabile per qualsivoglia profilo formativo. Costituisce un limite ritenere, però, che sia sufficiente solo istruire alle rispettive discipline.

Dialogo tra i saperi e le competenze

Queste devono essere “fatte agire” dagli allievi secondo modalità assimilabili alle pratiche sociali di riferimento. Ogni sapere porta in sé, infatti, un potenziale formativo, un progetto conoscitivo implicito nell’insieme delle sue dimensioni fondative.

Tale progetto per realizzarsi ha bisogno che si creino le condizioni pedagogiche e didattiche per la sua presa in carico personale da parte dell’allievo. E, dunque, la realizzazione del curricolo verticale pone oggi alle scuole diversi problemi: la ridistribuzione dei contenuti disciplinari non solo lungo l’asse diacronico ma di interpretazione dei compiti formativi della scuola.

Quali le competenze in uscita da suscitare?

Trasversali, disciplinari, pluridisciplinari? Con quali approcci promuovere un insegnamento per competenze? Approcci metodologici che via via specializzino discipline e competenze e ne consentano la comprensione metacognitiva, legata a logiche e statuti oggi necessariamente non più monodisciplinari.

I nuovi curricoli scolastici dovranno promuovere la dimensione dinamica dell’apprendere, favorire motivazioni e disposizioni positive delle ragazze e dei ragazzi verso la conoscenza. Dovranno far dialogare strettamente i saperi con i mondi delle professioni, con la società e i suoi diversi stakeholders che guardano ancora alla scuola come a una fucina importantissima di cultura e formazione. In tale direzione sono destinate ad acquisire centralità tutte le ricerche sui saperi essenziali da insegnare nella scuola contemporanea: per rendere il curricolo scolastico di qualità e sempre più autenticamente formativo.

Innovazione tecnologica e educazione digitale

Negli ultimi anni, sono stati compiuti notevoli sforzi nel nostro Paese per accelerare il processo di digitalizzazione della Scuola Italiana e innovare le pratiche didattiche attraverso l’introduzione delle ICT nelle aule scolastiche. Nonostante ciò, l’analisi recentemente effettuata dall’OCSE per valutare l’impatto delle iniziative ministeriali intraprese a livello nazionale ha rivelato come esse non abbiano prodotto gli effetti auspicati: molte scuole sono ancora escluse dai circuiti telematici e le pratiche didattiche innovative risultano ancora limitate a casi isolati.

A fronte di simili risultati occorrono, da un lato, misure non estemporanee capaci di portare a sistema gli interventi di innovazione tecnologico-educativa della scuola, e dall’altro politiche e pratiche educative che tengano conto dei risultati della ricerca nel settore, con particolare riferimento agli studi sull’efficacia didattica delle ICT in educazione.

Più specificamente, una “educazione digitale” non può oggi prescindere da:

  •  un miglioramento delle infrastrutture (cablaggio, connessioni e dispositivi) per garantire a tutti gli istituti scolastici un adeguato accesso tecnologico, superando l’attuale divario digitale che ancora penalizza una parte delle scuole del nostro Paese;
  • una maggiore attenzione alla formazione tecnologica degli insegnanti intesa nel duplice senso di formazione della competenza digitale e formazione all’impiego didattico delle tecnologie, valorizzando il ruolo stesso di Internet come ambiente capace di accogliere comunità professionali (si pensi ai social media) e come punto di accesso a risorse didattiche, e a database scientifici specializzati;
  • un maggiore impegno nel sostenere lo sviluppo e la circolazione di buone pratiche attraverso adeguati sistemi di documentazione e disseminazione delle esperienze didattiche nell’ottica di favorire la nascita di comunità di pratica in grado di autosostenersi;
  • un impiego delle ICT nella didattica consapevolmente legato all’idea di tecnologie come amplificatori cognitivi: sul piano pedagogico-didattico, è importante sottolineare come una “educazione digitale” non consista in un uso indiscriminato delle ICT, ma richieda di valutare situazione per situazione quando e come le tecnologie possano effettivamente apportare un valore aggiunto sulla base della migliore evidenza disponibile nella ricerca;
  • la definizione di un curriculo di competenza digitale per la scuola dell’obbligo, che risponda alle istanze evidenziate dalle direttive europee e si basi su un modello di competenza digitale pedagogicamente significativo.