/Come funzionerà il PNRR per la formazione?
pnrr_formazione

Come funzionerà il PNRR per la formazione?

Come funzionerà il PNRR per la formazione?

Il Covid ha generato una crisi socio-economica senza precedenti. Il mercato del lavoro nella maggior parte dei Paesi Ocse, Italia compresa, ha registrato un aumento del tasso di disoccupazione distribuito ad ogni livello di istruzione e scolarizzazione. Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) con i suoi fondi e le sue disponibilità rappresenta una chance da non perdere per:

  • sanare i danni generati dal Covid
  • ridurre il gap che frena lo sviluppo e la crescita del nostro paese

Ripartire dal Capitale Umano

Per concretizzare le strategie messe in campo dal PNRR, il Capitale Umano rappresenta l’asset principale per trainare il nostro sistema economico e il mercato del lavoro. Il punto cardine da dove ripartire è la riduzione delle disuguaglianze nell’accesso all’istruzione. In pieno accordo con il piano d’azione per l’istruzione digitale (2021-2027) che delinea la visione della Commissione europea per un’istruzione digitale di alta qualità, inclusiva e accessibile in Europa.

Tornando al PNRR la Missione 4 “Istruzione e ricerca” mira a potenziare le condizioni per l’implementazione di una economia ad alta intensità di conoscenza. Partendo dal superamento delle criticità del nostro sistema e collegate alle politiche attive del lavoro, anch’esse inserite nel Piano.

Il problema disoccupazione

L’inizio del 2020 è stato segnato dalla brusca interruzione delle catene di approvvigionamento internazionali, generando un grave shock dal lato dell’offerta e allo stesso tempo da un calo della domanda, visto che il reddito disponibile si è ridotto per gran parte dei lavoratori. Secondo l’OCSE, i Paesi più segnati sono quelli con i livelli più bassi di salvaguardia dell’occupazione. E dove la disoccupazione è salita enormemente ed in poche settimane. Un fenomeno che in parte si è verificato anche in Italia, dove il rapporto tra il numero di persone senza un’occupazione e il totale della forza lavoro e ha iniziato ad aumentare nel mese di maggio 2020 fino ad arrivare al 10,5% a gennaio 2021 e ancora al 10,7% ad aprile: un livello che non si registrava dalla fine del 2018.

Il fenomeno NEET

Una forte problematica correlata alle dinamiche del mercato del lavoro in Italia è rappresentata dall’alto tasso di abbandoni precoci dei percorsi di istruzione, associata a rischi di esclusione dal mercato del lavoro.

Secondo l’Istat, si tratta di una dinamica che coinvolge oltre mezzo milione di giovani con un’età compresa tra i 18 e i 24 anni con al massimo la licenza media. Sotto questo profilo, il tasso di occupazione è inferiore di quasi 10 punti rispetto a quello degli europei nella stessa condizione. Inoltre, con il 25,5% di persone dai 15 ai 29 anni inattive (i cosiddetti NEETnot in education employment or training”), l’Italia rimane al primo posto nelle statistiche sulla disoccupazione giovanile dell’Unione europea.

La percentuale di giovani adulti in questa condizione è aumentata ancora dell’1,3% tra il 2019 e il 2020. Confermandosi tra le più alte anche tra i Paesi OCSE. Le analisi confermano, inoltre, che le condizioni del contesto socio-economico e familiare di origine influiscono sulla probabilità di trovarsi in questa condizione.

pnrr_formazione

Disuguaglianza ed istruzione

Uno dei meccanismi più importanti che riproducono le disuguaglianze è proprio l’istruzione. In particolar modo l’accesso al mondo universitario come opportunità di mobilità sociale. Le scelte di istruzione hanno dirette conseguenze sul futuro status occupazionale degli individui. Sulle loro opportunità di guadagno e, infine, sulla produttività totale dei fattori, che sintetizza la capacità di crescita di un’economia.

A ciò si aggiunge che l’Italia già registrava una stanca evoluzione della produttività totale dei fattori: una sintesi di quanto si riesce a produrre in un certo periodo di tempo utilizzando al meglio le risorse disponibili.

L’Istat ha concluso che nel periodo che va dal 1995 al 2019 l’aumento del valore aggiunto (0,7% medio annuo) è da imputare quasi esclusivamente all’accumulazione di capitale e solo in piccola parte al fattore lavoro. Inoltre, l’apporto del capitale è dovuto quasi esclusivamente alla componente materiale non tecnologica, mentre il contributo alla crescita della componente tecnologica e di quella immateriale non tecnologica è il risultato minimo.

Investire sul capitale umano

Puntare sul capitale umano, sulle competenze e sulla formazione dei più giovani è, quindi, proprio il punto da cui ripartire. Riducendo le disuguaglianze di accesso all’istruzione da un lato e investendo nella formazione continua dall’altro. Questo sembra essere stato recepito in modo trasversale all’interno del PNRR che in ogni sua componente punta anche a colmare il divario di competenze alla base del digital divide. La missione esplicitamente dedicata è  la Missione 4 che dedica al sistema di istruzione, formazione e ricerca circa 31 miliardi di euro.

All’interno degli investimenti previsti è interessante notare come il piano punti sull’orientamento attivo nella transizione scuola-università per aumentare il numero di laureati. Proprio la riduzione di quel gap di informazione disponibile a ragazzi che provengono da diversi background socio-economici può ridurre il divario nelle opportunità di accesso all’università.

Rimettere la persona al centro

E ancora si prevede di investire nelle strutture residenziali per gli studenti fuori sede, ampliando la platea dei beneficiari delle borse di studio e aumentandone l’importo. Obiettivi e fondi dunque non mancano per rimettere la persona al centro del Sistema Paese e ogni missione del piano è permeata dalla consapevolezza che le competenze immateriali devono essere alla base di un rinnovato processo di formazione del capitale umano, volano per la crescita di domani.

A questo ben si lega la nuova impostazione delle politiche attive del lavoro inserita nel PNRR e qualificata come riforma di sistema, con un orizzonte temporale che è quello del Next Generation Eu (2021-2025). Che essa si accompagni a una riduzione del cuneo fiscale sul lavoro che in Italia è di cinque punti superiore rispetto a quello degli altri Paesi europei e di undici punti rispetto alla media Ocse, è infine una necessità strategica.