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Da che scuola ripartiremo?

Da che scuola ripartiremo?

Cara Ministra Azzolina

Raccogliamo e condividiamo la riflessione di un docente della scuola pubblica sulla situazione attuale e futura della Scuola

Da poco la Ministra Azzolina ha reso note le linee guida per il prossimo anno scolastico e formativo ed al centro di tutti i discorsi sono state messe il distanziamento e l’aggiornamento delle strumentazioni e delle infrastrutture.

Questi sono però falsi problemi o per meglio dire sono problemi contingenti e relativi al tipo di scuola che dovremo fare, come al solito si guarda al dito e non alla Luna.

La Scuola che conoscevamo non ci sarà più

Quello che sembra abbastanza chiaro ai più è che la scuola come la conoscevamo non ci sarà più e questo spaventa i più; si sente forte la necessità di recepire gli stimoli provenienti da modelli come quelli di Danimarca, Finlandia, Estonia, Stati Uniti, India oppure Regno Unito.

Se fino ad ora nella nostra scuola il sapere è passato secondo un modello esclusivamente trasmissivo, l’insegnate dice, il discente ripete o scrive quanto detto e la valutazione passa per la similitudine più vicina all’originale, nel periodo di lockdown abbiamo avuto modo verificare che il modello collaborativo è altrettanto funzionale.

Oggetti didattici trasformati in competenze

Ma quello che più sta riscuotendo successo è stato il sapere bastato sull’evidenza e sulla sperimentazione, perché, parafrasando una frase di Don Bosco, esiste un’intelligenza che passa attraverso il fare, attraverso il costruire oggetti “didattici”, con i quali i ragazzi sperimentano se stessi ed i loro saperi, fanno rete e li trasformano in competenze.

Il modello monologico, in cui il singolo individuo è autore del proprio percorso di apprendimento, non è più un riferimento mentre quello che sta prendendo maggiore forma e consapevolezza è il modello dialogico, fatto di relazione in cui la comunità fa la differenza.

Ma c’è un terzo modello che potrebbe fare la differenza nella scuola post-lockdown ed è il modello trialogico. Dove il singolo individuo collaborando in alcuni momenti sviluppa oggetti da condividere in una community. Ed insieme arrivano alla realizzazione di artefatti o capolavori (per la Formazione Professionale) che poi vengono utilizzati, discussi e verificati dalla comunità stessa.

Inclusione e bisogni educativi

La chiave di “svolta” è la manipolazione delle informazioni e l’accesso alla fonte più vicina alle singole esigenze. Perché il punto di partenza, sottolineato anche dal Premier Conte e dalla Ministra Azzolina è prima di tutto l’inclusione ed i bisogni educativi dei ragazzi.

Ovviamente tutto questo sposta l’attenzione, o dovrebbe, dagli strumenti alla filosofia di scuola e formazione che si vogliono portare avanti nei prossimi anni.

Mai come in questo periodo la scuola ha avuto la possibilità di rinnovarsi e di voltare pagina. Ma questo deve essere fatto senza remore, con una vision chiara ed a lungo termine.

Tornando alla riflessione da cui siamo partiti, va bene riflettere sulle cubature e sugli strumenti. A patto che si abbia chiara l’idea di scuola e formazione del futuro, perché il futuro è adesso.